Morale della favola: La legge è uguale per tutti, ma con i soldi si può fare un'eccezione.
Er sorcio de città e er sorcio de campagna
Trilussa
Una delle favole che portarono Trilussa alla notorietà è l'episodio occorso tra "Er sorcio de città e er sorcio de campagna", cioè, il topo di città e quello di campagna, scritta in dialetto romanesco dal poeta a scrittore capitolino.Un Sorcio ricco de la capitale
invitò a pranzo un Sorcio de campagna.
"Vedrai che bel locale,
vedrai come se magna...
- je disse er Sorcio ricco - sentirai!
Antro che le caciotte de montagna!
Pasticci dorci, gnocchi,
timballi fatti apposta,
un pranzo co' li fiocchi! Una cuccagna!"
L'istessa sera, er sorcio de campagna,
ner traversà la sala
intravidde 'na trappola anniscosta;
"collega - disse - cominciamo male:
nun ce sarà pericolo che poi...?"
"Macché, nun c'è paura:
- j'arispose l'amico - qui da noi
ce l'hanno messe pe' cojonatura.
In campagna, capisco, nun se scappa,
ché se piji un pochetto de farina
ciai la tajola pronta che t'acchiappa;
ma qui, se rubbi, nun avrai rimproveri.
Le trappole so' fatte pe' li micchi:
ce vanno drento li sorcetti poveri,
mica ce vanno li sorcetti ricchi!"
Traduzione in italiano:
Un topo ricco di città invita a pranzo un suo amico di campagna. "Vedrai che bella casa, vedrai quanto buon cibo - diceva il topo ricco - sentirai! Altro che formaggio di montagna! Soufflè, dolci, gnocchi, timballi cotti al forno, un pranzo da re! Una pacchia!" La sera stessa mentre il topo di campagna girava per la casa, vide che su un lato del soggiorno c'era una trappola. "Collega - chiese - cominciamo male: non ci sarà il pericolo? E l'altro gli rispose: "Niente affatto! Non avere paura, quella trappola è stata posta lì per burla. Capisco che da te in campagna non si sfugge; basta prendere un poco di farina che subito scatta la tagliola, ma qui, se rubi, nessuno ti condanna. Le trappole sono messe per gli sciocchi: dentro ci vanno i topolini poveri, quelli ricchi no".